I blocchi di pietra usati per le statue (ma anche per le costruzioni) venivano ricavati da pezzi spaccati grossolanamente, oppure erano tagliati con seghe dalle lame di rame, che forse venivano affilate con la silice o con sabbia abrasiva; erano piuttosto corte, ma i segni circolari lasciati su molte pietre dimostrano che si trattava di utensili particolarmente efficaci. Per le pietre più dure venivano scavati buchi lungo una linea di frattura, nei quali si inserivano a martellate cunei di legno che poi venivano bagnati. La lenta espansione del legno provocava una forte pressione laterale sulla pietra e la spezzava, magari con una fessura diritta. Forse poi si accendevano dei fuochi lungo la spaccatura per scaldare la pietra e si buttava acqua sulla superficie ben calda per farla sbriciolare e permettere così ai tagliatori di introdurre nelle crepe i loro utensili. In questo modo, si estraevano blocchi di granito per le statue, ma anche blocchi da 6 a 30 tonnellate, impiegati nella costruzione delle piramidi o dei templi, o anche da più di 1000 tonnellate, in un unico pezzo, usati per gli obelischi. Una pietra molto apprezzata era la calcite di Hatnub (fra Tell el-Amarna e Asyut), dal colore traslucido variante dal bianco al giallo, che erroneamente veniva chiamato alabastro. Si tratta in realtà di un materiale non troppo duro che poteva spezzarsi facilmente, ma che gli artigiani egizi impararono a lavorare sin dal periodo arcaico.